LUISA PIGATO
Docente di Astronomia Storica
all'Università di Padova
Luoghi frequentati
Galileo a Venezia
E' un effervescente clima culturale che comincia
a farsi notare per la sua eloquenza, arguzia,
per i discorsi rallegrati da esecuzioni musicali
Il 26 settembre 1592 il Residente toscano a Venezia, Giovanni Uguccioni, scriveva al Granduca di Toscana: "Sino al principio di questo mese comparse qua il Galileo, Matematico di Pisa, che è stato sempre qui in casa mia per veder la città". Dove abitasse il Residente lo sappiamo da una lettera che l'illustre e dottissimo mecenate, Gian Vincenzo Pinelli (1531-1601), aveva scritto da Padova a Galileo il 3 settembre precedente, indirizzandola al "molto Magnifico et Ecc.mo Sig.re mio, Il Sig.re Galileo Galilei. Venezia, A S.ta Iustina, in ca' Gradenigo, in casa del molt'Ill.re Signor Kavaliero Uguccione. Che cosa era venuto a fare il 28enne Galileo (1564-1642) "nella maravigliosa città di Venezia" come egli la definì molti anni dopo nel suo celebre Dialogo dei Massimi Sistemi? Il giovane brillante toscano era venuto a farsi conoscere presso l'aristocrazia veneziana, al cui potere erano dovute le nomine alle cattedre di insegnamento dell'Università di Padova: egli infatti sperava di ottenere la cattedra ad matematicam vacante dal 1588. Galileo riuscì nel suo intento, come riferito al granduca dall'ambasciatore nella lettera citata all'inizio: "...e domattina [Galileo] si parte per costà [per Firenze], sendo stato ricerco di legger nello Studio di Padova con 180 ducati l'anno di salario: onde ha risposto che non vuole fermar niente se prima non ne dà conto a V. S. A., come è suo debito...". Non era estraneo all'esito favorevole di assegnazione della cattedra a Galileo il menzionato Gian Vincenzo Pinelli, in grado di interloquire, per le sue autorevoli conoscenze, con i patrizi veneziani molti dei quali frequentavano la sua casa padovana definita luogo delle Muse. In una lettera del 9 settembre Pinelli sollecitava Galileo a farsi conoscere e farsi apprezzare senza temere eventuali altri concorrenti: "et però non sarà se non bene ch'ella s'offerisca alla concorrenza di chi cercasse questa lettura [la detta cattedra], chè in questo modo si chiariranno le partite et la giustizia harà il suo luogo". A Venezia, il luogo migliore dove incontrare persone colte e importanti era il "mezato del signor Andrea Morosini, ... diventato molto numeroso, perché vi concorrevano gran parte di quelli che facevano professione di lettere, non solo della nobiltà, de' quali i soggeti tutti sono riusciti grandi senatori della Serenissima Republica ..., ma anco v'erano ammessi d'ogni sorte di virtuosi, così secolari, come religiosi; anzi tutti i più letterati personaggi che capitassero in Venezia, o d'Italia, o d'altre regioni, non averiano mancato di trovarsi in quel luogo, come in uno de' più celebri consecrati alle muse". È in questo ambiente, in questo effervescente clima culturale così efficacemente descritto dal frate servita fra' Fulgenzio Micanzio (1570-1654) nella biografia riguardante il celebre suo confratello Paolo Sarpi (1552-1623), che Galileo poté farsi notare per la sua eloquenza toscana, per la sua arguzia, per gli intelligenti discorsi, senz'altro rallegrati da straordinarie esecuzioni musicali con il liuto che egli si era portato appresso sin dal primo viaggio a Venezia. È noto che Galileo fin dall'infanzia era stato istruito nella musica e a suonare il liuto dal padre Vincenzio, noto musicista del XVI secolo. Fu il celebre studioso di Galileo, Antonio Favaro (1847-1922), che dopo È in questo ambiente, in questo effervescente clima culturale così efficacemente descritto dal frate servita fra' Fulgenzio Micanzio (1570-1654) nella biografia riguardante il celebre suo confratello Paolo Sarpi (1552-1623), che Galileo poté farsi notare per la sua eloquenza toscana, per la sua arguzia, per gli intelligenti discorsi, senz'altro rallegrati da straordinarie esecuzioni musicali con il liuto che egli si era portato appresso sin dal primo viaggio a Venezia. È noto che Galileo fin dall'infanzia era stato istruito nella musica e a suonare il liuto dal padre Vincenzio, noto musicista del XVI secolo. Fu il celebre studioso di Galileo, Antonio Favaro (1847-1922), che dopo accurate ricerche d'archivio, identificò il palazzo dei fratelli Morosini con l'attuale palazzo Cavalli sul Canal Grande ora appartenente al Comune di Venezia, e dove si celebrano i matrimoni civili. Come già suggerito a suo tempo dal Favaro, il luogo meriterebbe di essere ricordato con una lapide, tenuto conto che il ridotto Morosini fu frequentato da tanti personaggi illustri dei quali ricordiamo solo alcuni nomi: Giordano Bruno (1548-1600) il celebre filosofo e frate domenicano bruciato vivo in Campo dei Fiori a Roma il 17 febbraio 1600 con l'accusa di eresia da parte dell'Inquisizione romana; Leonardo Donà (1536-1612), eletto doge di Venezia nel 1606, che seppe tener testa alle pretese di papa Paolo V di entrare nel merito delle leggi veneziane. In quel frangente, contro la 'disobbediente' Repubblica il papa 'fulminò' l'interdetto (cioè scomunicò il doge e tutto il Senato veneziano, intimando al clero di non celebrare funzioni religiose nello Stato veneziano). Il ridotto di Andrea Morosini (1558-1618) era frequentato anche dal frate servita Paolo Sarpi, che in occasione dell'interdetto papale fu nominato esperto in teologia e in diritto canonico, fornendo al Doge e alla Repubblica le motivazioni sacrosante per ritenere non valida la scomunica del papa. È presumibile che proprio in questo luogo "delle Muse", Galileo abbia conosciuto, e più volte incontrato, Paolo Sarpi, al quale si legò con grande amicizia e reciproca stima che non vennero mai meno; e qui conobbe anche la piccola cerchia di amici del Sarpi che amavano disputare su argomenti di natura scientifica e non solo letteraria. Molto probabilmente padre Paolo introdusse Galileo alla frequentazione della bottega "Alla Nave d'oro" di Bernardo Sechini. Qui, come racconta fra' Fulgenzio, "alla Nave d'oro in Merzaria si riducevano a raccontare gl'avvisi una mano d'uomini galanti, virtuosi e da bene, ... e capitavano anco molti mercanti stranieri, e tali ch'erano stati non solo per l'Europa, ma nell'Indie Orientali et Occidentali". Qui si potevano apprendere tutte le novità, politiche e non, provenienti da tutto il mondo, tant'è che, come ci narrano gli storici, a Venezia tutti sapevano tutto. Non si sa dove fosse esattamente questa bottega, forse si trovava in quella parte della Merceria vicina al Ponte di Rialto dove si svolgevano molte delle più importanti transazioni finanziarie e commerciali. Durante i 18 anni di permanenza alla cattedra "delle matematiche" all'Università di Padova, Galileo si recava frequentemente a Venezia, e con assiduità visitava l'Arsenale per imparare dai numerosi e complicati problemi di meccanica che venivano affrontati e risolti nella costruzione delle grandi navi veneziane. Il luogo non era molto lontano dall'abitazione, a San Francesco della Vigna, di Giovanfrancesco Sagredo (1571-1620), che occasionalmente ospitava in casa sua Galileo al quale si era legato di stretta amicizia. Per inciso, erroneamente qualcuno crede che il celebre Dialogo dei Massimi Sistemi del mondo che Galileo aveva immaginato svolgersi tra i tre noti interlocutori – Salviati, Sagredo, Simplicio – fosse ambientato nell'attuale palazzo Sagredo sul Canal Grande: infatti questo palazzo fu acquistato da un Sagredo agli inizi del Settecento (circa cento anni più tardi dei tempi di cui parliamo), ma soprattutto fa fede la lettera che lo stesso Giovanfrancesco aveva scritto a Galileo da Venezia il 24 maggio 1619, dove gli illustrava i vari cambi di casa da lui fatti nel corso degli anni. Tornando all'Arsenale veneziano, nel Cinquecento era uno dei più grandi cantieri navali d'Europa; sulla sua attività, si era fondata nei secoli la potenza marittima di Venezia. Il riconoscimento dell'importante insegnamento che Galileo apprese all'Arsenale è da lui riconosciuto e celebrato all'inizio dell'ultima sua grande opera scientifica del 1638, Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, anche questa composta in dialogo con gli stessi interlocutori prima citati: "Salviati. Largo campo di filosofare a gl'intelletti speculativi parmi che porga la frequente pratica del famoso arsenale di voi, Signori Veneziani, ed in particolare in quella parte che mecanica si domanda; atteso che quivi ogni sorta di strumento e di machina vien continuamente posta in opera da numero grande di artefici, tra i quali, e per l'osservazioni fatte da i loro antecessori, e per quelle che di propria avvertenza vanno continuamente per se stessi facendo, è forza che ve ne siano de i peritissimi e di finissimo discorso". Un luogo che Galileo frequentò in un momento cruciale della sua vita scientifica - quello delle scoperte astronomiche fatte col cannocchiale da lui costruito - fu il Convento dei frati serviti oggi non più esistente. Dopo la faccenda dell'interdetto papale, Paolo Sarpi, la cui consulenza sulla questione era stata di fondamentale importanza per la Serenissima, era diventato estremamente inviso alla curia romana: si tentò di ucciderlo, di rapirlo con vari complotti, per cui egli, assolti i suoi doveri d'ufficio di consultore della Repubblica, rimaneva confinato per il resto del tempo dentro al suo monastero, come narrato nella sua biografia da fra' Micanzio. Ma qui andavano a trovarlo gli amici, qui Galileo discusse sui modi di migliorare il cannocchiale, dalle logge del convento fece osservare all'amico Sarpi le valli e i monti della Luna, la vera natura della Via Lattea, composta di "innumerabili stelle disseminate a mucchi", le macchie sul Sole, e i quattro satelliti di Giove scoperti nel gennaio 1610. Tutto ciò accadde tra l'estate del 1609 e quella del 1610. Agli inizi di settembre del 1610 Galileo lasciò Padova e Venezia per sempre senza più ritornarvi. |
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